Eremiti

Origine e sviluppo dell’eremitismo

Nei primi secoli del cristianesimo la testimonianza più eroica della fede è costituita dai martiri quali testimoni (dal greco, recuperato dal latino ecclesiastico). In seguito, a partire dalla fine del III secolo, si afferma un nuovo modo di offrire tutta la vita a Cristo attraverso l’esperienza dell’eremitismo, un fenomeno che non ha un’unica forma, ma si svilupperà in modalità diversificate nel tempo e nello spazio.

Abitualmente si fa risalire l’eremitismo all’epoca dei Padri del deserto e la tradizione, a partire da san Girolamo (347-420), attribuisce a Paolo di Tebe (230-335) il titolo di primo eremita. Si ritiene che la successiva evoluzione sia sviluppata prevalentemente in Egitto fra il III e IV secolo, anche se l’esperienza eremitica apparve contemporaneamente un po’ ovunque. Viene perciò ricordato soprattutto sant’Antonio abate (251-356) e il suo desiderio di seguire l’esortazione evangelica: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri,…poi seguimi.” (Mt 19,21).

Antonio seguì questa indicazione e, per iniziare una vita solitaria, si inoltrò nel deserto, in cui altri anacoreti (dal greco “retrocedo, mi ritiro”) si erano recati alla ricerca della stessa perfezione. Sempre in Egitto nacque un’esperienza abbastanza simile ad opera di Pacomio (292-348), il cui percorso segna il passaggio da una vita totalmente eremitica ad un contesto cenobitico. Convertitosi al cristianesimo, andò alla ricerca di un eremita Palemone che lo aiutasse a vivere una vita solitaria. Divenne suo seguace, visse e studiò con lui per sette anni, incontrò poi Antonio abate, con cui visse fino a quando decise di costruire una dimora per gli eremiti. Nel V-VI secolo, in Italia, il “padre dei monaci d’Occidente”, Benedetto da Norcia, visse da eremita alcuni anni della propria giovinezza, ritirandosi in una grotta lungo il fiume Aniene Sacro Speco nei pressi di Subiaco.

Successivamente, diede vita a una comunità cenobitica per le continue richieste rivoltegli da monaci che non erano in grado di organizzare una vita comunitaria ordinata e valida. Benedetto diede ai fratelli la Regola. Nel medioevo la fuga mundi, cioè l’allontanarsi dal mondo non fu un fenomeno diffuso. L’eremita medievale era abitualmente un monaco, desideroso di uno spazio maggiore di silenzio, che si allontanava di poco e saltuariamente dagli spazi comunitari. A partire dal XV secolo avvenne una secolarizzazione dell’ideale eremitico facendo coesistere la tradizione con il nuovo ideale umanistico di ritiro intellettuale di eremiti urbani che privilegiavano lo spazio raccolto delle biblioteche e degli scriptoria. Il fenomeno ebbe però una vita breve e il Concilio di Trento ne dispose la fine.

Più vicini a noi, grazie anche all’influsso delle scelte operate da Charles de Foucauld (1858- 1916) e da Thomas Merton (1915-1968) si è assistito a una graduale ripresa dell’ideale eremitico. Interessante e coraggiosa l’esperienza di Catherine de Hueck-Doherty (1896-1985,) di origine russa, che ha proposto l’idea di deserto (in russo pustinia) costituita da momenti di solitudine, preghiera e digiuno all’interno del ritmo settimanale di una normale vita “nel mondo”.

IN DIALOGO – Cultura e comunicazione Società cooperativa Impresa sociale, via Sant’Antonio 5 – 20122 Milano

CF.P.IVA 04560760151

Policy Privacy