Suor Maria Laura Guariento

Suor Maria Laura Guariento

Monaca Eremita dal 2002

A 18 anni ho sentito la chiamata alla vita religiosa e, nonostante la strenua opposizione dei miei genitori, sono stata accolta nella Congregazione delle Serve di Maria Riparatrici. Prima della definitiva consacrazione religiosa che avverrà nel’79, ho frequentato la scuola professionale per infermieri a Roma e in seguito la Facoltà di Teologia a Milano, vivendo per 30 anni l’inserimento pastorale come infermiera in luoghi di frontiera come le zone terremotate in Sicilia ed altre. L’eremitismo non è scappare dalla società. L’eremita deve sentirsi in sintonia con l’ambiente, col luogo dove abita, perché il luogo ti aiuta, anche se magari tu non te ne accorgi, a facilitare l’incontro con “quell’essenza” che tu stai cercando. Solitamente quando l’eremita arriva nel luogo assegnatogli, trova il luogo in disfacimento, si trovano solo rovine, per cui da quel momento il luogo e l’eremita iniziano a crescere insieme e man mano che entri in relazione con il Divino dentro questo luogo, tu senti la necessità, di dare vita, secondo quella dimensione spirituale, al luogo dove abiti. Quando per motivi importanti, devo andare via dall’eremo e chiudo la porta, io sto male, sto male perché qui è la mia vita. Quando poi ritorno dopo essere stata via magari una settimana, trovo sempre disordine (foglie, polvere, rami rotti, ecc.), ma appena entro, poso la valigia e devo subito pulire e rimettere tutto a posto, devo creare l’ambiente, perché l’ambiente rappresenta il Creato (Il Laudato sii). L’eremita è colui che trova nella natura, una risposta basilare per immettersi nella dimensione della Parola, del silenzio che parla, perché il silenzio permette all’eremita di entrare in comunicazione con il Creato, diventa un tutt’uno con il Creato. Evagrio Pontico, che era un Padre del Deserto, diceva che per entrare in contatto con Dio attraverso la meditazione, bisogna chiudere tre porte. La prima è chiudere il proprio corpo dentro una cella, la seconda è chiudere la bocca, e solo dopo essere riusciti a chiudere le prime due, allora bisogna chiudere anche la terza (quella più difficile), che è quella dei pensieri. Da 17 anni risiedo a Niardo in Valcamonica, dove vivo di provvidenza.